Pillole

Roma

L'antica Roma(…) Ai tempi dell’antica Roma le tombe dei grandi uomini erano sparse per la città. Il ritratto del defunto guardava in faccia il passante e le iscrizioni della tomba l’apostrofavano affinché si fermasse a pensare un momento all’uomo che riposava ai suoi piedi, del quale ricordavano il nome e la vita, raccontavano cosa aveva fatto, e ringraziavano il viandante, raccomandandogli di non sporcare la tomba fermandosi a fare i bisogni proprio lì dietro (…)

(…) Le tombe più grandi avevano lo schiavo che le curava di padre in figlio ed avevano magari la fontanella ed un sedile che invitava il viaggiatore a fermarsi (…)

(…) Chi possedeva una villa in campagna poteva seppellire i propri defunti nell’orto di casa, facendo sì che i parenti potessero continuare ogni sera, prima di andare a letto, a dare la buona notte al nonno, allo zio, al bisnonno, a tutti quelli che li avevano preceduti e di padre in figlio andavano ad occupare poi la tomba di famiglia.
Nei riti funebri i parenti banchettavano ricordando il defunto e pensando che questi partecipasse in spirito e che fosse contento della festicciola familiare. Questa usanza continuò per un po’ anche nel cristianesimo; infatti nelle catacombe non rovinate dalla troppa frequentazione (ad esempio nelle catacombe di Priscilla) è facile trovare, nel corridoio, un tubicino di terracotta o di vetro (cannula) che mette in comunicazione l’interno del loculo con l’esterno; così, per esempio, il figlio che andava a trovare la tomba del padre versava una goccia di profumo all’interno del tubicino, oppure, quando si brindava in onore del defunto, si versava un po’ di vino pensando che egli ne gustasse e brindasse con i parenti. E’ una credenza che sopravvive ancora oggi quando noi portiamo i fiori ai nostri morti (…)

La Chiesa

San PIetroKardec obietta ai cristiani che, se le comunicazioni sono precedute da sincere preghiere a Dio e fatte rispettosamente con ottime intenzioni, non vi sarebbe nulla di diverso da una comunicazione tra persone civili viventi, in quanto, secondo l’ottica spiritista, gli spiriti non sono altro che le anime degli uomini. Al contrario, secondo gli spiritisti, se condotte al di fuori di un contesto di preghiera a Dio e solo per frivola curiosità o per divinazione allora il rischio di imbattersi in entità malevole è molto elevato e pericoloso. Anche gli spiritisti condannano senza riserve la divinazione, ossia la richiesta di prevedere il futuro o la fortuna, in quanto, secondo la dottrina, gli spiriti non conoscerebbero affatto il futuro. Gli spiritisti condannano parimenti tutte le credenze di magia, stregoneria, satanismo, spesso erroneamente associate alla filosofia o alla pratica spiritista, la quale le considera mere superstizioni. In questo senso gli spiritisti sono assolutamente d’accordo con i cattolici e i protestanti.

Malgrado la posizione nettamente contraria allo spiritismo da parte del magistero, non sono mancate alcune limitate eccezioni di ecclesiastici cattolici che hanno manifestato alcune aperture e si sono interessati al colloquio con i defunti, rimanendo sempre all’interno di un contesto di preghiera e di rispetto a Dio. Tra questi vengono ricordati padre Ulderico Pasquale Magni e padre Andreas Resch, il quale condusse esperimenti in prima persona e tenne persino dei corsi in Vaticano.

Il teologo padre François Brune, autore del libro ‘I morti ci parlano‘, ha sostenuto che gli studi di padre Agostino Gemelli rettore dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e padre Pellegrino Ernetti furono appoggiati da papa Pio XII il quale disse: “Caro padre Gemelli, non ha davvero nessun motivo di preoccuparsi. L’esistenza di queste voci è un fatto rigorosamente scientifico. Questo esperimento potrebbe divenire la pietra angolare di un edificio per gli studi scientifici che rafforzerà la fede della gente nell’Aldilà”. Tale posizione non è condivisa dalla storiografia.

Papa Paolo VI avrebbe scritto inoltre che “In Vaticano ho incontrato un atteggiamento favorevole nei confronti della metafonia” quando nominò Friedrich Jürgenson, famoso ricercatore del fenomeno delle voci elettroniche, Cavaliere dell’Ordine di S. Gregorio.

Padre Pistone, Superiore della Società di San Paolo in Inghilterra, dopo i colloqui con i defunti rilasciò la seguente dichiarazione: “Nelle Voci non vedo niente di contrario agli insegnamenti della Chiesa Cattolica; sono qualcosa di straordinario ma non c’è ragione di temerle, né vedo alcun pericolo”

Il Giusto Reverendo Mons. Prof. C. Pfleger commentò: “I fatti ci hanno dato la consapevolezza che fra la morte e la risurrezione c’è un altro stadio di esistenza post mortem. La teologia cristiana ha poco da dire riguardo a questo stadio”

Padre Gino Concetti, uno dei teologi più competenti del Vaticano, ha detto in una intervista: “Secondo il catechismo moderno, Dio consente ai nostri cari defunti, che vivono in una dimensione ultra-terrena, di inviare messaggi per guidarci in certi momenti difficili della nostra vita. La Chiesa ha deciso di non proibire più il dialogo con i morti, a condizione che questi contatti siano motivati da seri propositi religiosi e scientifici”

Il cugino di papa Pio XII, Gebhard Frei, noto parapsicologo a livello internazionale e presidente della Società Internazionale dei Parapsicologi Cattolici affermò: “Tutto ciò che ho letto e sentito mi obbliga a credere che le voci provengono da entità trascendentali e individuali. Mi piaccia o no, non ho il diritto di dubitare della genuinità delle voci”.

La Chiesa d’Inghilterra istituì un comitato per esaminare le prove sulla medianità. Dopo due anni di approfonditi studi e sedute con i più dotati medium d’Inghilterra, giunse alla conclusione che “L’ipotesi che, in alcuni casi, le comunicazioni spiritiche provengono da spiriti disincarnati, è corretta”.

 

 

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